martedì 31 luglio 2007

Incontrando Eric Deaton


...il 22 giugno scorso ho incontrato insieme alla mia famiglia Eric Deaton, giovane promettente chittarista blues proveniente dalle colline del Mississippi. Ecco l'intervista:
San Gallo è una bellissima città. Un gioiellino a due passi dal Lago di Costanza. Un perfetto prodottino a marchio Heidiland. Ma è STRETTA. Vacca ladra. STRETTISSIMA. Giuda Faust. Così va a finire che in Parazelsius Strasse prendo una curva stretta. Troppo stretta. Il vetro laterale s’appoggia ad un molto medievale muro ed esplode in mille pezzi. Però rimane su. Tutto frantumato, ma rimane su. Fortuna che avevo scaricato i ragazzi in albergo subito prima. Il primo che incontro è Gwelel Kumba che, come al solito, va a cercare un mercato in cui girovagare. “Beh! Che succede? Hai una faccia da cane bastonato…”. Lo guardo e gli faccio: “Vieni a vedere…”. Lo porto davanti al pulmino e gli indico la catastrofe laterale. “Beh?! Che problema c’è?”. “Come che problema c’è…..C’è il vetro tutto frantumato, non si vede una beata mazza e fra un po’ viene giù tutto a sentire 'sto rumore sinistro…..” (Il rumore sinistro è quella specie di sfrigolio che pervade i vetri frantumati. Che ti fa capire che il processo di distruzione mica è finito. Che ne vedremo ancora delle belle). “Beh! S’aggiusta…In Mississippi s’aggiusta tutto….Chiama Justin Showah. Lui aggiusta tutto. In Mississippi mica si possono permettere un
meccanico ad ogni rottura. Incollano, legano…La macchina di Eric Deaton, quella che è in fotografia dietro Gonna Be Trouble Here, sembra nuova, ma è tenuta su dal nastro….L’ha fotografata da un po’ lontano così non si vedono le aggiunte…..Giù nel Missi sono messi talmente male che prima di buttar via qualcosa bisogna sia proprio carbonizzata…Non hanno soldi e s’arrangiano….Pensa che Justin fa andare la sua macchina con un combustibile gratuito che fabbrica con un suo amico che lavora all’Ole Miss…Il suo amico è un chimico….E lo distribuiscono anche in giro agli amici…..”. “Facciadascienziato” Justin Showah esamina il vetro, tocca qui e là. Va a chiamare L. C. Ulmer. “Sai, L.C. ha fatto il meccanico quindici anni a Chicago e di cose ne sa….Meglio che dia un’occhiata anche lui…..”. Discutono un pochetto e poi Justin Showah mi guarda e mi fa: “North Mississippi Method…..Una decina di rotoli di nastro e ce la dovremmo
fare…..”. “Sì ma fra due ore hai il concerto….”. “Prima si aggiusta….Aggiustare 'sto attrezzo è più importante del concerto…”. In Mississippi mica scelgono il nastro così. Come fosse una sciocchezzuola. Mezz’ora dentro una cartoleria. “Vedi Marco, scegliere il nastro giusto è importante, altrimenti della macchina di Eric Deaton sarebbe rimasto solo l’abitacolo….”. Dopo due ore il vetro è bello e a posto. Gli ultimi ritocchi Justin li da sotto lo sguardo vigile di L.C Ulmer seduto sopra un muretto molto svizzero. “Beh!….Mi sembra un buon lavoro Justin, parola di L.C., ora gli puoi dare anche un pugno e questo non va giù….”. Non abbiamo fatto il test. Ci siamo fidati. Uno che fatto il meccanico a Chicago quindici anni saprà il fatto suo. Il pulmino è tornato in Italia. Il POD di Justin ha fatto andare in continuazione blues del Delta, John Sinclair e Ali Farka Toure. Ad ogni sosta L.C. mi raccontava una storia. Sul San Bernardino, guardando il panorama ha sospirato: “Ah! Come questo posto mi ricorda la California…..Si, sì la California…..Ho fatto un po’ di anni il boscaiolo in California….Vivevo in una casetta come quella (tipica casetta Heidiland stagliata sulla montagna) e ci scaldavamo con la legna…”. Durante un’altra sosta ha guardato con nostalgia un camion con rimorchio che sostava nella piazzola. “Ah! Che rimpianto di quando facevo il camionista…..Ho girato un sacco l’America col mio truck….Che bei tempi….Ogni tanto mi fermavo in qualche locale, tiravo fuori la chitarra e suonavo….Ma suonare e cantare non è il mio forte….Il mio forte è ballare…..Una volta ballavo fino alle 4 del mattino e smettevo solo se il proprietario riusciva a far smettere le ragazze che gridavano “L.C., L.C., L.C……” perché volevano che continuassi a fare il mio numero….. Ho cominciato a ballare nel Mississippi, prima di andare a Chicago….Stavo dietro ai muli in mezzo ai campi di cotone….Tornavo, mi lavavo e andavo a ballare…..Ballare mi fa andare fuori di testa, più di suonare e cantare….”. Intanto nel pulmino prende pure forma il titolo del CD di L.C.. “Beh!….Credo che il titolo più giusto del CD di L.C. debba essere 'The Vegetarian Bluesman'”. Justin Showah si riferisce inevitabilmente al fatto che L.C. mangia esclusivamente insalata e frutta accompagnate da acqua naturale. “Beh! Una volta il whisky lo distillavo pure. Il miglior moonshine che potevi trovare in giro…..Jimmy Reed s’è ubriacato col mio whisky e, se fosse vivo, se non avesse bevuto tutta quella porcheria che beveva, potrebbe dirtelo: il miglior moonshine in giro….Poi un giorno un medico m’ha detto di piantarla se volevo campare ancora qualche anno….Sono quindici anni che non tocco alcolici e, tenendo conto dell’età che ho – e qui si apre un capitolo scottante sull’effettiva età di L.C.- riesco ancora a ballare e a fare esercizi fisici……Roba così – e si mette a far flessioni nel bel mezzo della piazzola di sosta – l’hai mai vista fare da uno della mia età?”. Ora, il problema verte su quale sia la reale età di L.C. Ulmer. Le fonti ufficiali differiscono su questo fondamentale tema. Secondo la scheda giratami a suo tempo da Rootsway sarebbero 82. Secondo Justin Showah sarebbero 78. Secondo L.C. Ulmer in persona sarebbero 74. Ma, fondamentalmente, chi se ne frega? [Nota dell'Editor: A me L.C. Ulmer ha detto di avere 78 anni. Secondo alcune fonti ricevute pochi giorni prima del concerto quando la presenza di Ulmer in Italia era ancora in dubbio per i soliti problemi burocratici, il musicista sarebbe nato a Stringer nel 1928; tale ipotesi è confermata da quello che credo sia l'unico articolo su L.C. Ulmer apparso sulla stampa specializzata (vedi Blues Revue n. 104, pp. 33- 36)]. “Io prego ogni mattina ed ogni sera. Prego il profeta e mi piace pregare. Mi dà forza”. Io guardo Gwelel Kumba coi miei occhi agnostici e lui li vede esattamente come sono. “Guarda che la religione è più di credere o non credere. E’ una specie di legame in cui riconoscerti. Prendi i bianchi giù nel Sud. Sono molto religiosi. Le loro credenze morali sono molto radicate. I neri nel Sud sono violenti, socialmente si stanno disgregando. Una delle vie di consolidamento potrebbe essere la religione. Non ti dico la mia, l’Islamismo, ma ti dico una qualsiasi religione. Una qualsiasi cosa che dia dei precetti morali ai quali attenersi. Ai neri d’America mancano completamente dei precetti morali. A voi viene da ridere quando sentite il numero di figli che ha avuto Junior Kimbrough o Big George Brock. E’ qualcosa che vi appare folcloristico. Ma non capite cosa c’è dietro. Dietro non c’è nessuna idea della famiglia. Come può un nero avere un’idea della famiglia quando fino a due generazioni fa poteva essere strappato dalla famiglia stessa e portato in un’altra realtà in cui doveva ricominciare da zero, lasciandosi alle spalle tutto quello che credeva di aver costruito?. La violenza che tanto stigmatizzate nei neri sta proprio in questo. Non hanno avuto legami durevoli fino a relativamente poco tempo fa, e questo si ripercuote su queste generazioni tribolate. Non ci sono regole, non c’è nulla. Io spero e prego che, finalmente, troviamo delle regole morali che ci permettano di costruire qualcosa fuori dalla violenza. Spero che alla gente nera venga data finalmente la possibilità di costruire qualcosa. E’ difficile, ma è l’unica possibilità che i neri americani hanno”
(di Marco Balestracci estratto dalle [B]LOUISLETTERS # 11 di L. Monget )

lunedì 23 luglio 2007

COREY HARRIS - Lodi 22 luglio


Ci sono musicisti che per la loro caratura musicale e culturale sono dei personaggi da conoscere, da seguire, eppure i loro dischi e i loro tour passano in sordina. È il caso di Corey Harris, bluesman di valore internazionale che tra le altre cose è stato anche protagonista del film di Martin Scorsese “Feel like going home” distribuito anche in Italia con il titolo”Dal Mali al Mississippi”... La cornice del cortile del Teatro delle Vigne è perfetta per ospitare Corey Harris in solitaria compagnia della sua Gibson acustica, spettacolo inserito nella II edizione del Lodi Blues Festival approfondimenti: http://www.mescalina.it/musica/live/live.php?id=398

martedì 17 luglio 2007

LE VITE DEGLI ALTRI

...finalmente visto! Ha lasciato il suo segno... gran bel film da vedere e ricordare!

Il lungometraggio d’esordio di Florian Henckel von Donnersmarck è uno sguardo avvincente sullo spionaggio nella ex-Germania dell'Est

Un uomo dallo sguardo perso nel vuoto prende un ascensore nella Berlino Est del 1984. Poco prima che le porte si chiudano, un pallone da calcio rotola dentro, seguito dal suo piccolo proprietario. Le porte si chiudono. L’ascensore inizia a salire. Il bambino guarda l’uomo e chiede: "È vero che lavori per la Stasi?". L'uomo ribatte prontamente, da quell'esperto inquisitore che il pubblico ha visto in azione: "Chi lo dice?". E il giovane risponde: "Mio padre". Senza perdere un colpo, l’uomo insiste: "E allora, qual è il nome di..." ma si ferma a metà frase. "Di cosa?", chiede il bambino. Qualche secondo di silenzio. "Del tuo pallone...", chiede l’uomo, con tono stupito, come se non riuscisse a credere alle sue stesse parole. "Sei pazzo!" esclama il bambino, "i palloni non hanno un nome!" Questa breve scena, che dura meno di due minuti, è solo la prima crepa sulla facciata di un irreprensibile capitano della Stasi, strenuo difensore e insegnante dello spionaggio di stato in Germania Est, molti anni prima della caduta del muro di Berlino. Le vite degli altri , dello sceneggiatore-regista Florian Henckel von Donnersmarck delinea la vicenda immaginaria di quest’uomo, Hauptmann Gerd Wiesler (Ulrich Mühe). Una pellicola che va oltre i giochi pirotecnici dei thriller più roboanti e delle spy-story più eccitanti per approdare a qualcosa che penetra davvero sotto la pelle. Il tipo di dramma dallo stile sottile e acuto che passa per il cervello prima di raggiunge il cuore.

domenica 8 luglio 2007

Il Mojo

.....cos'è un Mojo?

il MOJO, nella terminologia blues, non è molto traducibile a una parola di senso finito. Data la sua presenza in moltissimi brani blues, in special modo negli Stati del Sud, il suo significato lo si potrebbe associare ad un specie di amuleto, molto usati dai neri del fine secolo, per scongiurare o per favorire, situazioni personalio di famiglia. La loro manifattura variava a seconde dello scopo: da particolari piante, a parti del corpo della persona che si voleva esorcizzare (peli, capelli, unghie, pezzi di vestiti intimi etc.) fino ai colori, il tutto secondo il crisma più classico dei riti Voodoo africani. O ancora il "mojo" sarebbe un amuleto portafortuna della tradizione nero- pellerossa americana, ma nello slang del Blues è l'attributo maschile.

Got my mojo working". Tradotto potrebbe essere “Ho un mojo che funziona” [...], dove il mojo nel blues è un amuleto dagli svariati poteri magici, un portafortuna, un realizzatore di desideri.

GOT MY MOJO WORKING


by Preston Foster/McKinley Morganfield "Muddy Waters"registrato nel 1960 per la The Chess Records

Got my mojo working, but it just won't work on you
Got my mojo working, but it just won't work on you
I wanna love you so bad till I don't know what to do
I'm going down to Louisiana to get me a mojo hand
I' m going down to Louisiana to get me a mojo hand
I' m gonna have all you women right here at my command
Got my mojo working
Got my mojo working, but it just won't work on you
Got my mojo working
Got my mojo working, but it
- uh uh - just won't work on you
TRADUZIONE:
Sto usando il mio Mojo / però con te non funziona, Sto usando il mio Mojo / però con te non funziona, Ti amo tanto che / non so neppure quello che faccio.Vado in Louisiana a / cercare un' altro Mojo, Vado in Louisiana a / cercare un' altro Mojo, Ragazze, vi avrò / tutte ai miei ordini.Io uso il mio mojo, io uso il mio mojo, Io uso il mio mojo, io uso il mio mojo.., ma esso non lavorerà solo su di Lei.

venerdì 6 luglio 2007

IL BLUES

...il blues a quota 99. Quest'anno si festeggiano le nozze d'argento. Auguri!

La storia della rivista Il Blues


Nel dicembre 1982, attorno a giornalisti, musicisti, disc-jockey e semplici appassionati, nasce a Milano la rivista “IL BLUES”, trimestrale di cultura musicale interamente dedicata alla musica Blues, che si propone di far conoscere, attraverso biografie di artisti, schede monografiche di stili musicali, interviste, recensioni di dischi e di libri, quella forma musicale a cui tutta la musica che oggi consumiano deve qualcosa.
Pur tra le mille vicissitudini di questi 25 anni, la nostra pubblicazione, che ha conservato la caratteristica di essere in bianco e nero, è rimasta fedele al nome con cui fu allora battezzata la casa editrice: Edizioni Blues e Dintorni. Infatti, cercando di non creare steccati precostituiti o perlomeno di ridurli al minimo, non di solo Blues nero si tratta al suo interno, ma anche di quelle forme ad esso correlate, quali Rhythm & Blues, Soul, Gospel, Blues Bianco, Rock-Blues.
E’ con un certo orgoglio, che possiamo dire che “IL BLUES”, che rimane ancora oggi “l’unica rivista italiana di Blues”, ha favorito la diffusione della musica Blues in Italia, sia per quanto riguarda i festival musicali a lei dedicati e cresciuti in maniera esponenziale, offrendo la propria consulenza e programmazione artistica con nomi della scena musicale internazionale, sia per gli artisti del panorama blues italiano con indirizzi di locali e organizzatori.
In tal modo abbiamo raggiunto il nostro obiettivo, che non era non solo quello di “scrivere” di blues, ma anche quello di estendere il suo “ascolto”.
Marino Grandi
tra i link qui a destra puoi approfondire.

mercoledì 4 luglio 2007

JUG


Il Jug è una brocca, uno strumento costituito da una brocca di vetro o ceramica, con un microfono all'imboccatura (electric jug). Avvicinando le labbra a circa 2-3 centimetri dall'apertura e facendole vibrare, ed emettendo al contempo un tono musicale, si riesce a produrre un suono estremamente particolare, un ibrido fra una fanfara, un minimoog e un tamburo cuica (La cuica è un tamburo a frizione. Un bastoncino è fissato al centro della pelle e si proietta all’interno della cavità del tamburo. Il suono è prodotto sfregando il bastoncino con una superficie inumidita di stoffa o di spugnaquesto sfregamento permetta al tamburo di vibrare e di produrre suoni molto variabili.La cuica gioca un ruol molto importantenella musica tradizionale brasiliana. Probabilmente lo strumento è stato portato in brasile dagli schiavi provenienti dall’Africa. La sua probabile origine risale a come i fabbri usavano i mantici, spingendo l’impugnatura con le mani bagnate), utilizzato nella sezione ritmica bassa di molti brani di band blues pre-bellico (es. the Memphis Jug Band)

...ecco i fan della Dr.Sunflower Jug Band


...eccoli inebriati tra veglia e sonno!

...Mr.Dr.Sunflower (alias Mario "blues train" Insenga)

...il viaggio è nel blues più remoto, quello pre-bellico e la conoscenza indiscussa di un saggio traghettatore come Mario Insenga ci consegna nella sue vesti in modo quasi originale, con equilibrati arrangiamenti, attraveso sonorità perse, ma ricatturate con genuino ingegno e una schiettezza di rara reperibilità sulla scena di un panorama povero come quello del blues in Italia. Il progetto di Dr.Sunflower segue ormai da più di quattro anni e tramuta i Blue Stuff, gruppo partenopeo capitanato e tenuto in vita da Insenga da oltre venticinque anni, in una street band riproponendo i "medicine show", spettacoli itineranti di inizio secolo diffusi nel sud degli Stati Uniti in cui i musicisti per cercare notorietà si univano ai pseudo medici, ciarlatani che vendevano in piazza lozioni di dubbia origine e efficacia. Durante quegli show una chitarra, un kazoo e un'asse per lavare bastavano per intrattenere e far ballare la gente.

martedì 3 luglio 2007

ritrovarsi che piacere...dopo quasi 10 anni


Oggi lo spazio è splendido!

Senza morsi né speroni o briglie,via, sul vino,

a cavallo verso un cielo divino e incantato!

Come due angeli che tortura un rovello implacabile oh,

nel cristallo azzurro del mattino,

seguire il lontano meriggio!

Mollemente cullati sull'ala del turbine cerebrale,

in un delirio parallelo,sorella, nuotando affiancati,

fuggire senza riposi né tregueverso il paradiso dei miei sogni.

charles baudelaire