La scena blues italiana sta attraversando un momento di grazia e sono ormai diventate diverse le pubblicazioni di cui poter andare fieri. Non solo, se provate a partecipare ad esempio a IBC (International Blues Challenge) a Memphis potreste rendervi conto di quanto bravi siamo diventanti. Angela Esmeralda e Sebastiano Lillo non hanno solo rappresentato con orgoglio l’Italia lo scorso anno a Memphis insieme ad eccellenze nostrane come Veronica & The Red Wine Serenaders, ma sono una delle realtà emergenti di maggior interesse sul difficile palcoscenico italiano, poco sensibile alla qualità e all’ascolto per il nostro blues. Una scena ignorata con pregiudizio dagli addetti ai lavori che magari hanno sempre integralmente accolto il blues toccando un discorso di pelle e di origini. Il duo in questione macina oltre duecento concerti l’anno e abbassa tremendamente la media dell’età di un genere “vecchio” sulla carta. L’Italia è sempre stata il fanalino di coda per originalità e qualità proposta, eppure sulla forza di gente come Angelo Leadbelly Rossi, T-Roosters, Paolino Venturi, Mauro Ferrarese, Marco Pandolfi , Francesco Piu e ancora al sud tra Mario Insenga e Lino Muoio, e la lista potrebbe prolungarsi di molto, siamo sul punto di poter esportare il nostro Made in Italy con vanto e un pizzico di presunzione. Anche questo 2016 offre delle sorprese di qualità. Raw di Angela e Sebastiano, che segue Delta Soul, conferma i buoni propositi del disco di esordio. I brani restano per la maggior parte autografi e i giovani ragazzi di Monopoli osano proporsi anche sfidando le strade più difficili quella di cantare in Italiano (Spaccotutto), e addirittura andando sul loro dialetto pugliese (A Men Du Segnore). Due episodi riusciti e convincenti, in particolare l’interpretazione di A Men Segnore, che vive di luce propria. Rispetto all’esordio la matrice blues è più esplicita e cruda, rispettata e colta in presa diretta preferibilmente acustica. La direzione è proprio dettata dalla presenza di I Don’t Belong, episodio distintivo già presente in Delta Soul volutamente riproposto in Raw, in due alternative versioni. Alti i momenti come Somebody Is Calling My Name, una traccia che trasuda di gospel, in cui la voce di Angela mostra di crescere giorno dopo giorno e al fianco di Sebastiano Lillo, il chitarrista, non manca di trovare tra tecnica e ritmo il collante per amalgamare il tutto. Sovente si aggiunge Carletto Petrosillo, la terza forza dell’organico nella dimensione live, al contrabbasso visibile in Hokum On Morton. La versione in trio a tendere sembra un passaggio obbligato seppur l’album verte soprattutto tra lo spessore della voce di Angela e la chitarra di Sebastiano, ormai un duo simbiotico, il brano Black Man ne è una costatazione. Così come in due si omaggia Fred McDowell con il traditional You Gotta Move e Skip James con Hard Time Killing Floor, due classici che sicuramente non sfigurano, ma che non aggiungono nulla a quanto già di buono proposto sulle tracce autografe. Il Deep South Italian Blues esiste (tratto da http://www.rootshighway.it/)
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