domenica 1 febbraio 2009



- E’ vero che per i musicisti di Blues l’Italia appare un po’ spaccata?


R: C’è qualcuno che può risponderti meglio di me, io mi riconosco poco tecnologico e poco collegato al circuito (allude soprattutto ad internet). Per mia esperienza posso affermare di si, ci è veramente difficile suonare da Roma in su.


- Rispetto a qualche decennio fa come si spiega questo proliferare dei festival di Blues in Italia?


R: Qualunque cosa sia successo è bene che sia accaduta (Mario sorride), il blues ha sempre subito l’andamento delle mode. Un fenomeno sicuramente diverso da quello espresso dal jazz, che ha sempre avuto un seguito coriaceo, una musica vista sempre come alternativa, elegante e di cui non ci si può vergognare. Oggi funziona bene ad esempio in piazza la musica etnica, che viene vista come alternativa o in modo tradizionale con gente di successo come Alex Britti (grande convertito), Vasco Rossi, etc. Ritornando al discorso dei festival direi che é vero, sono tanti, ma va fatto un distinguo da integralisti. Ci sono dei festival meramente commerciali, come lo è sempre stato Pistoia Blues, che deve mettere in piazza nomi di richiamo. Pensa che alla prima edizione c’era Muddy Waters, Fast Domino, BB King, Alexis Korner. Oggi stranamente ci sono dei nomi diversi nelle rassegne blues (vedi ad esempio Lenny Kravitz a Pistoia quest’anno o Billy Bragg ai festival blues a Napoli) che devono essenzialmente riempire le piazze. Ma la questione che ci sta più a cuore, a prescindere dai pseudo festival presenti, è il fenomeno di quello che transita nei festival di blues, mi riferisco ai musicisti di blues portati in giro. E’ inutile negare l’evidenza ci sono degli ex musicisti, dei gruppi che a tante band italiane per dire belgi, o per dire francesi, dovrebbero allacciare solo le scarpe, portare lo strumento sotto al palco neanche sul palco, perché non sono degni di salire sul palco. Questo secondo me è il vero problema e per me vecchio musicista di blues da tanti anni sulla strada la sintesi è una sola: è comodo per chi organizza i festival rivolgersi alle agenzie che hanno liste chiuse di musicisti, senza cercare di trovare qualcosa che sia sconosciuto o poco conosciuto, ma che abbia i cosidetti attributi, non si fa una questione di merito ma di precisazione quando vedi che i gruppi italiani non devono essere pagati o sotto pagati. Basta che magari qualunque nullità d’oltreoceano venga pagata in soldoni soltanto perché proviene da New Orleans o ancor meglio perché di colore...ci sono dei musicisti di bassa qualità in giro che rovinano il circuito, e gli ingaggi a danno soprattutto per i musicisti blues, anche italiani, che suonano sul serio. Si sta così deteriorando la qualità come conseguenza di questa estensione diffusa dei festival blues, in cui lo stesso pubblico, superficiale, si lascia facilmente impressionare dalla presa scenica dell’artista che non dalla voce o dalla musica offerta.

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