Venticinque anni. Sono quelli che sono trascorsi dall’improponibile, secondo i canoni odierni, copertina del n.1, raffigurante Sleepy John Estes, ad oggi. Eppure, e non ce ne rendevamo conto neppure noi, quel 18 dicembre 1982 cominciava qualcosa di diverso nel campo dell’editoria musicale indipendente italiana. Prendeva forma il sogno che la musica Blues avesse, finalmente, una pubblicazione che la trattava con il dovuto, e tardivo, rispetto. In tutti questi anni, all’interno delle nostre pagine, avete potuto trovare le biografie di artisti, le testimonianze dirette di personaggi provenienti da un altro mondo, la rilettura personale operata da noi, giusta o sbagliata che sia, delle loro opere, frammenti della storia musicale di un grande paese come gli Stati Uniti, il tutto tenuto insieme dalla passione che ci accomuna. Ecco perché questa rivista contiene qualcosa dedicato ai lettori, sia a quelli distratti che a quelli che che rientrano nella categoria degli abbonati fedeli. Se per tutti questi anni vi abbiamo riempito di parole, “Il Blues” diventa, con il numero 101, in parte da ascoltare oltrechè da leggere. Vi diamo insomma la possibilità di sentire direttamente la musica con cui, permettetecelo, ci siamo illusi di nutrirvi. Allegato a questo numero, infatti, trovate un CD, che non racchiude, ovviamente, tuttociò che avremmo voluto dirvi musicalmente, ma che speriamo conserverete quasi fosse un oggetto prezioso e non la solita compilation in vendita nelle edicole, perché è il nostro omaggio al Blues che amiamo, esplicato attraverso quei brani degli artisti e dei produttori indipendenti che più ci hanno colpito, ed a cui sentiamo ancora oggi, dopo 25 anni, di appartenere. Una sola richiesta: non ascoltate il compact mentre state leggendo, sia la nostra rivista che qualsiasi altro oggetto stampato, perché le parole scritte tendono ad occupare tutta la nostra attenzione. Aspettate quel momento in cui il vostro animo, anziché il silenzio assordante delle nostre città, richieda tutto il vostro impegno verso un altrove fatto di pure emozioni. Non rimanendo molto spazio a disposizione, non ci resta che gettare lo sguardo sul contenuto in bianco e nero di questo numero, che vive dei contrasti femminili tra Bettye LaVette e Ana Popovic, dell’amore per l’Africa ed il Blues e viceversa di Guelel Kumba ed Eric Deaton, va in fibrillazione con l’elettricità dell’impiegato Jawbone, rilegge la Stax e la Aynsley Dunbar Retaliation, e omaggia nuovamente, perché secondo noi lo merita, Amiri Imamu Baraka dedicandogli le pagine centrali. Buona lettura e, dopo, buon ascolto, o come meglio preferite. L’importante è che entrambi lo siano (Marino Grandi).
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